Se guardi l’arcipelago indonesiano nella sua interezza, non è proprio facile capire immediamente dove si trova Bali. L’Indonesia è infatti una nazione composta da 17.507 isole e una di queste è, appunto, Bali, nota anche come l’Isola degli Dei. Con i suoi 5.600 kmq di superficie e 4.300.000 abitanti, Bali fa parte delle Piccole Isole della Sonda ed è bagnata dal Mar Cinese Meridionale a Nord e dall’Oceano Indiano a Sud.

Il capoluogo è Denpasar (1.000.000 di abitanti) ed è l’unica provincia a maggioranza induista nel più grande paese musulmano al mondo per numero di credenti (circa il 90% della popolazione indonesiana). È anche la meta turistica principale di tutta la nazione.

La complessità morfologica dell’arcipelago indonesiano, abbinato a una storia antica, frammentata e multiculturale, sono i due fattori principali che hanno fatto di Bali la meravigliosa isola che è oggi.

DOVE SI TROVA BALI, LA PERLA DELL’INDONESIA

Bali si trova ad una latitudine di 8°39’S e longitudine di 115°13’E, con una forma che ricorda un rombo irregolare; a ovest lo Stretto di Bali la collega con Giava e, a Est, lo stretto di Lombok la separa dall’omonima isola. Lungo questo stretto passa la Linea di Wallace, una linea di separazione immaginaria che distingue, a livello naturalistico e biologico, l’Asia dall’Oceania.

La parte interna dell’isola è montuosa, con vette che sfiorano i 2000 mt e culminano con i 3142 mt del Monte Agung, un vulcano attivo la cui ultima grande eruzione risale al 1963. Le zone pianeggianti e collinari sono ricoperte da lussureggianti foreste tropicali e incantevoli risaie a perdita d’occhio; nello specifico, le risaie a terrazza di Jatiluwih sono patrimonio dell’umanità UNESCO dal 2012.

Come già detto, la religione principale dell’isola è l’Induismo (circa il 95% della popolazione) che, qui a Bali, prende il nome di induismo balinese, un misto di animismo, credenze popolari e influenze hindu provenienti dal Sudest Asiatico.

Bali è famosa per la sua spiccata attività culturale e artistica: i meravigliosi spettacoli di danza e musica, e i celebri manufatti in legno e pietra ammaliano ogni anno milioni di visitatori da tutto il mondo.

L’isola degli Dei ti accoglierà con il sorriso e la gentilezza della sua gente, fra tramonti accesi e templi dall’ineguagliabile fascino.

LA PREISTORIA BALINESE

Il ritrovamento di tracce di presenza umana nella storia di Bali risale ad almeno 200.000 anni fa. Al Museo Gedung Arga di Gianyar sono conservati antichi manufatti, come asce e rasoi, ritrovati nei villaggi di Sembiran e Trunyan e risalenti al Paleolitico.

Nel villaggio di Trunyan, inoltre, è possibile ammirare la statua Da Tonta: alta poco più di un metro, la statua risale al periodo Megalitico. Alla stessa era risale anche il tempio Panataran Jero Agung nel villaggio di Gelgel, in cui si trova un menhir sul quale è scolpito un organo genitale femminile, simbolo di fertilità e dal forte valore religioso. La presenza dell’uomo durante il Mesolitico è testimoniata anche da punte di freccia e attrezzi di lavoro in osso rinvenuti nelle caverne Selanding e Karang Boma, nella penisola di Bukit.

In epoca neolitica si ebbero le prime migrazioni di Austronesiani, provenienti principalmente dal sud della Cina, attraverso Filippine e Sulawesi. Queste popolazioni portarono sull’isola il culto della montagna, la masticazione del betel e la particolare sepoltura dei defunti in sarcofagi ovali, alcuni dei quali esposti al Museo della Storia a Denpasar.

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INFLUENZE ASIATICHE

Intorno al 600 a.C., con l’acquisizione delle tecniche metallurgiche “Dong Son” tipiche del Vietnam, inizia a Bali l’Età del Bronzo. È di questo periodo la “luna di Pejeng” il più grande tamburo cerimoniale in bronzo del mondo. Considerato altamente sacro dalla popolazione locale, il tamburo è alto 186 cm e ha un diametro di 160 cm. È conservato nel tempio di Penataran Sasih a Pejeng, un villaggio vicino Ubud.

Gli scritti più antichi rinvenuti sinora risalgono al VIII secolo d.C. In questo periodo il buddismo e l’induismo si espandono sull’isola ed entrano a far parte della storia di Bali. Nei villaggi di Pejeng, Tatiapi e Blahbatuh sono state scoperti alcuni stupikas (piccoli stupa votivi) con incisi all’interno caratteri buddisti. La colonna di Belanjong (Prasasti Blanjong), a sud di Sanur, è stata incisa nel 914 d.C. sia in sanscrito che in balinese antico, e racconta le gesta militari del re Sri Kesari Warmadewa. Anche il tempio di Goa Gajah è dello stesso periodo e mostra una combinazione di iconografia buddhista e hindu.

Intorno al XII secolo i rapporti tra il regno Warmaderwa di Bali e il regno Dharmawangsa di Java si rafforzano, così come quelli fra i regni balinesi e i cinesi. Si pensa, infatti, che il tradizionale Barong derivi dal drago cinese.

danza ubud

DINASTIA MAJAPAHIT, PROMOTRICE DI CULTURA

Nel 1343, con l’invasione dell’isola da parte di Gajah Mada, inizia il dominio Majapahit sull’isola. La capitale dell’impero sull’isola viene stabilita in un primo momento a Samprangan e successivamente a Gelgel. L’influenza della cultura Majapahit sull’isola spazia dall’architettura alla danza, dalla letteratura con l’introduzione della scrittura Kawi alla pittura, dalla scultura al teatro con il Wayang, il teatro delle marionette. I pochi balinesi che non adottarono la nuova cultura sono conosciuti come Bali Aga e vivono tutt’oggi in alcuni isolati villaggi, il più famoso dei quali è il villaggio di Tenganan. Con l’ascesa dell’Islam nell’arcipelago indonesiano negli anni a cavallo tra il XV e il XVI secolo, l’impero Majapahit crolla e buona parte dell’aristocrazia giavanese trova rifugio sull’isola di Bali, influenzando ulteriormente l’arte, la letteratura e la religione. La dinastia Majapahit a Bali durerà per altri cinque secoli fino al 1908 quando verrà eliminata dall’intervento olandese sull’isola.

L’ARRIVO DEGLI EUROPEI

I primi contatti tra gli europei e Bali si ebbero intorno al 1500. Già nel 1512 Bali viene mappata dai navigatori portoghesi. Sir Francis Drake visita Bali nel 1580. L’apertura di una base commerciale fu tentata nel 1620 ma, a causa dell’ostilità dei regnanti balinesi, l’impresa fu abbandonata e la Compagnia delle Indie Orientali Olandese lasciò Bali a commercianti privati (principalmente cinesi e arabi).

Quando il sultanato di Mataram invase Bali nel 1639, il Re di Gelgel, Dewa Agung, chiese aiuto invano agli olandesi, riuscendo poi a sconfiggere il sultanato con le proprie forze. Dopo il 1651, però, il regno di Gelgel iniziò a frammentarsi a causa di conflitti interni, al punto che nel 1686 la sede del regno venne spostata a Klungkung. Dewa Agung mantenne lo status di sovrano simbolico, ma tutti gli altri regni iniziarono una guerra intestina per la successione. La situazione durerà fino all’intervento olandese nel XIX secolo.

Il controllo coloniale olandese si sviluppò a poco a poco attraverso tutto l’arcipelago indonesiano, rinominato poi Indie Orientali Olandesi intorno alla metà del XIX secolo. Gli olandesi, col pretesto dell’eliminazione della schiavitù, della pirateria e del traffico di oppio, imposero il loro controllo sui regni balinesi. Tre spedizioni militari si susseguono tra il 1846 e il 1849: le prime due furono affrontate con successo da I Gusti Ketut Jelantik, primo ministro del regno di Buleleng. Durante la terza, nel 1849, il regno di Bangli, antagonista di Buleleng, aiutò i militari olandesi ad avere la meglio sul regno rivale. A seguito della sconfitta, il re di Buleleng commise il suicidio rituale chiamato Puputan che diventerà una caratteristica dei seguenti interventi militari olandesi.

Successivamente gli olandesi insediarono un’amministrazione di tipo coloniale nel nord di Bali e un membro della famiglia reale olandese viene nominato reggente dell’isola. Il primo sovrintendente arrivò a Singaraja nel 1855. Le riforme principali furono:

  • l’introduzione delle vaccinazioni;
  • l’abolizione della schiavitù;
  • il miglioramento del sistema di irrigazione;
  • la costruzione di strade, ponti e porti per incrementare il commercio e le comunicazioni;
  • un aumento delle tasse sulle persone e sul commercio, principalmente di oppio.

Nel 1908 una massiccia azione olandese finalizzata all’eliminazione della casa reale di Badung, a sud dell’isola, causò circa 1000 morti. Anche l’assalto al regno di Klungkung (che mise fine alla dinastia Majapahit) si concluse con un massacro simile, suscitando molto scalpore in Occidente. L’immagine dell’Olanda come potenza coloniale benevola e responsabile venne seriamente compromessa, tanto che il governo olandese fu costretto a fare ammenda e ristabilire una “politica etica”, volta a studiare e preservare la cultura balinese e fare di Bali un “museo vivente”.

Nel 1914 Bali viene aperta al turismo. Nel 1930 gli antropologi  Margaret Mead and Gregory Bateson trasmettono al mondo l’immagine di Bali come “una terra incantata di esteti in pace con se stessi e con la natura”.

Credits J._Hoynck_van_Papendrecht_1858_1933
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L’INDIPENDENZA DAGLI OLANDESI

Durante la seconda guerra mondiale l’arcipelago indonesiano viene occupato dai giapponesi e nella popolazione cresce il desiderio di indipendenza. Il 17 Agosto 1945 Sukarno proclama l’indipendenza dell’Indonesia, ma l’Olanda torna con l’obiettivo di restaurare l’amministrazione coloniale anteguerra. La resistenza a Bali è guidata dal colonnello I Gusti Ngurah Rai e dalla sua “Freedom Army”. Il 20 Novembre 1946, nella battaglia di Marga, il colonnello 29enne viene intrappolato dal potente esercito olandese, e il suo battaglione spazzato via. Dopo 4 anni di guerra e trattative, il 29 dicembre 1949 l’Olanda riconosce finalmente l’indipendenza dell’Indonesia e Bali viene inclusa nella neonata repubblica.

Il 1 Ottobre del 1965 viene tentato un colpo di Stato ai danni di Sukarno. L’esercito, di conseguenza, diviene sempre più importante politicamente e, tra il 1965 e il 1966, sotto la guida del generale Suharto, si ha una violenta purga anti-comunista che porta alla morte di almeno 500.000 persone di cui ben 80.000 soltanto nell’isola Bali.